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L’accertamento fiscale con redditometro non e’ infallibile

Non è legittimo l’accertamento fiscale cd “Redditometro” allorquando gli elementi considerati dall’Agenzia delle Entrate per ricalcolare il reddito del contribuente (ad es. il possesso di una o più vetture, l’acquisto di immobili, barche ecc..) siano frutto di elargizioni o finanziamenti del coniuge e/o familiari. Sono queste le conclusioni a cui sono giunti i giudici della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce (sent. CTP di Lecce n.8 del 13.01.2009, sent. CTP di Lecce n.224 del 5.03.2009; disponibili sul sito www.studiolegalesances.it).

Le considerazioni dei giudici derivano dal fatto che seppur tale tipologia di accertamento trovi innesco da una serie di spese “anomale” (il principio è che se un soggetto sostiene determinate spese non può non avere un reddito al di sotto di una certa soglia), il contribuente ha sempre la possibilità di giustificare il suo operato, dimostrando che tali esborsi derivano da denaro messo a disposizione da altre persone.

I giudici in questione, infatti, dichiarano che “la giovane età del contribuente, la convivenza con il padre, provata sulla base di documentazione rilasciata dall’anagrafe del Comune e la circostanza che lo stesso lavorasse alle dipendenze del padre … lasciano presumere, anche in base a quanto notoriamente accade nella realtà sociale in cui la vicenda si svolge, che l’acquisto dell’abitazione sia avvenuta per effetto di una donazione del padre” (si veda sent. CTP di Lecce n.224 del 5.03.2009).

Alla luce di tali argomentazioni, quindi, risulta senza dubbio importante per il contribuente riuscire a dimostrare la correttezza del proprio operato, dando prova – attraverso ad esempio la tenuta di copia degli assegni bancari, la dichiarazione del donante, ecc.. – che determinate spese sono state sostenute grazie all’aiuto di terzi.

Tali accortezze del contribuente sono sicuramente importanti poiché questa tipologia di accertamento fiscale nei prossimi anni verrà sempre più utilizzata dal fisco.

È importante, dunque, evidenziare i tratti fondamentali di questo tipo di accertamento.

La normativa, relativamente al funzionamento e all’utilizzo del Redditometro, è individuabile nell’articolo 38 del D.P.R. nr.600/73 dove risulta chiara la sua finalità, consistente nel valutare presuntivamente il reddito di una persona fisica sulla base di alcuni elementi.

Tali elementi sono definiti “indici di capacità contributiva”, in quanto il possesso e/o la disponibilità di determinati beni o servizi fa presumere in capo alla persona un certo reddito.

Come anticipato, la logica della norma si basa sul fatto che colui che ha a disposizione determinati beni deve necessariamente avere i mezzi economici per il loro acquisto e il relativo sostenimento delle spese.

I beni e servizi indicativi della capacità contributiva sono elencati nella tabella allegata al Decreto Ministeriale 10 settembre 1992 recante la “determinazione, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, degli indici e coefficienti presuntivi di reddito o di maggior reddito in relazione agli elementi indicativi di capacità contributiva”, la quale individua:

1. gli aeromobili;

2. le navi e le imbarcazioni da diporto;

3. gli autoveicoli;

4. gli altri mezzi di trasporto a motore;

5. le abitazioni principali e secondarie (anche solo condotte in locazione);

6. i collaboratori familiari (ossia maggiordomi, colf, ecc..);

7. i cavalli da corsa;

8. le assicurazioni di ogni tipo (escluse quelle relative all’utilizzo di veicoli a motore, quelle sulla vita e quelle contro gli infortuni).

Una volta individuata la presenza di tali indici di capacità contributiva in capo alla persona scatta dunque il confronto tra il reddito presunto e quello dichiarato dalla stessa.

Il reddito presunto si ottiene mediante la moltiplicazione del valore di ciascun bene con un coefficiente predeterminato e stabilito per legge (ad esempio una vettura di 16hp, a gasolio, nell’anno 2004 ha un valore tabellare di euro 3.336,67 e un coefficiente di 5, il reddito presunto è pertanto di 16.683,35).

Ottenuto l’importo del reddito sintetico, quindi, la legge concede la possibilità all’ufficio di procedere all’accertamento se il reddito complessivo calcolato si discosta, per due o più periodi d’imposta, per almeno un quarto da quello dichiarato dal contribuente (ad esempio reddito dichiarato euro 100.000, il reddito presunto dall’ufficio deve essere di almeno euro 125.000).

Alla luce di quanto illustrato, dunque, si può ben comprendere l’importanza delle pronunce dei giudici di Lecce, i quali, oltre a considerare le cause di esclusione già previste dalla legge (ossia il caso in cui il reddito calcolato dall’ufficio è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o soggetti a ritenuta a titolo d’imposta), danno la possibilità al contribuente di provare che determinate spese sono state sostenute grazie all’apporto di terzi.

Ciò determina sicuramente un utilizzo più equilibrato e corretto di tale accertamento fiscale, il quale, se utilizzato in modo improprio dal fisco, può colpire indiscriminatamente anche soggetti non evasori.

Non esitate a contattarci per ogni vostra domanda o chiarimento specifico, saremo lieti oltre che rispondere a ogni vostro quesito.